La popolazione mondiale supera gli 8 miliardi di persone.

Il recente “traguardo” certificato dall’Onu deve innescare delle riflessioni profonde. È questo il momento giusto, e probabilmente l’ultimo, per appellarsi all’umanità tutta e chiederle di guardare al futuro, assumendosi la responsabilità di proteggere sé stessa. A cominciare dai più vulnerabili.

Com’è ormai noto, secondo la stima ufficiale del dipartimento per gli Affari economici e sociali delle Nazioni unite, la popolazione mondiale ha superato gli otto miliardi di abitanti il 15 novembre scorso. Nel 1950 gli abitanti della Terra erano due miliardi e mezzo: quella attuale è, a tutti gli effetti, una crescita senza precedenti, dovuta all’allungamento della vita che ci sta regalando il progresso in termini di salute pubblica, di medicina, di igiene personale (e non ultimo di nutrizione).

In pratica, se siamo molti di più è perché viviamo più a lungo grazie a condizioni di vita più agiate, evolute, civilizzate. Ma le stime dell’Onu mostrano anche questo fenomeno: se per passare dai sette agli otto miliardi ci sono voluti dodici anni, per passare dagli attuali otto miliardi ai prossimi nove miliardi di anni ne serviranno circa quindici (si prevede che succederà nel 2037). Per superare i dieci miliardi, invece, ne occorreranno quarantatré. Dal 2080 sino alla fine del secolo si stima una stagnazione.

Dalle cifre proiettate a livello mondiale possiamo anche notare l’enorme divario che si verrà a creare considerando che, fino al 2050, più della metà dell’incremento sarà registrato in soli otto Paesi. E questi paesi sono la Repubblica Democratica del Congo, l’Egitto, l’Etiopia, l’India, la Nigeria, il Pakistan, le Filippine e la Tanzania. Nel 2100 le città più popolate al mondo saranno africane: Lagos in Nigeria, Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo e Dar Es Salaam in Tanzania.

Siamo dunque gli abitanti di un Pianeta demograficamente più diversificato che mai. Viviamo in un mondo dove vi sono Paesi che si trovano a gestire una stagione di crescita, mentre si preparano al momento del declino. I due terzi degli otto miliardi vivono – anzi, sarebbe meglio dire “viviamo”, perché riguarda anche l’Europa – in un contesto di bassa fertilità, mentre l’alta fertilità è sempre più una prerogativa dei Paesi più poveri.

«Un mondo di otto miliardi di persone è una pietra miliare per l’umanità, il risultato di una maggiore durata della vita, della riduzione della povertà e del calo della mortalità materna e infantile», per dirla con le stesse parole del Fondo delle Nazioni unite per la popolazione (Unfpa), Tuttavia, «concentrarsi solo sui numeri distrae dalla vera sfida che dobbiamo affrontare».

Senza tenere conto che i Paesi dove la crescita della popolazione è lenta, o addirittura negativa, sono anche quelli con i tassi di consumo e di emissioni inquinanti più elevati. Viceversa, i Paesi dove la crescita è accelerata sono i più poveri e hanno tassi di emissione di gas serra significativamente più bassi. Rischiamo, insomma, di dimenticare che sono proprio questi ultimi quelli che rischiano di subire in modo sproporzionato gli effetti del cambiamento climatico. Alla Cop27, non a caso, è stato approvato un fondo per risarcire gli Stati economicamente – e climaticamente – più vulnerabili.

L’aumento della popolazione globale potrebbe rappresentare, tuttavia, enormi opportunità per alcuni dei Paesi più poveri, dove l’incremento è più rapido e consistente. Investimenti relativamente piccoli in sanità, istruzione, uguaglianza di genere e sviluppo economico (sostenibile) potrebbero creare un circolo virtuoso di crescita in grado di trasformare le economie e le vite.

Nel giro di pochi decenni, i Paesi attualmente più poveri potrebbero continuare a guidare la crescita sostenibile e la prosperità in intere regioni. Per dirla con le stesse parole del segretario generale delle Nazioni unite, António Guterres, che condivido in pieno, «non ho mai dubitato dell’ingegnosità degli individui e ho un’enorme fiducia nella solidarietà umana. In questi tempi difficili vale la pena ricordare le parole di uno dei più saggi osservatori dell’umanità, il Mahatma Gandhi: “Il mondo ha abbastanza risorse per tutti, ma non per l’avidità di pochi”».

È questo il momento giusto, e probabilmente ultimo, per appellarsi all’umanità tutta e chiederle di guardare oltre i numeri, di guardare al futuro assumendosi la responsabilità condivisa di proteggere sé stessa. Proteggendo, al tempo stesso, la vita sul pianeta. A cominciare dai più vulnerabili.